Caducità
di Liège Bastogne
dio (o chi per lui) non mi ha creato
per sentimenti fuori il misurato
mai felice, semmai allegro
né infelice, al massimo triste
amore **
salute ***
lavoro **
fortuna ***
non lasciano in me segni indelebili
quanto dovrebbero
i movimenti astrali
di solitudine eterna
così, tra questa
immensità s’annega il pensier mio
e il naufragar m’è indifferente
in questa labile placenta di superficialità.
16 commenti:
Ma è un'indifferenza ontologica data a priori o semplicemente congiunturale e mutevole, cioè immanente al discorso stesso, oggettivizzata in evenenienze fenomeniche ben concrete?
Caro La Quaglia, la risposta che cerca sta nel titolo: nel caduco non può esistere l'ontologico. O meglio, per quel che mi riguarda, l'indifferenza si rispecchia nella temporaneità dei sentimenti.
Ne approfitto per evidenziare una errata corrige del caro Giudice: dio nell'originale era minuscolo. Dettaglio forse insignificante, forse no.
Forse che nel caduco, nel temporaneo nel transitorio non vi sia l'essere? Forse che non si possa parlare di ontologia dell'effimero? Ahimè, Qui lei sbaglia, e sbaglia di grosso, seppur credo in buona fede.
Se l'indifferenza è assenza di essenza, non così si può dire della caducità che è solo transitorietà di essenza. Dettaglio non insignificante, questo.
Parmenidiamente, l'essere è in quanto è. Ma Lei da' un significato di "òntos" dimenticando il "lògos": l'ontologia è infatti lo STUDIO dell'essere. E, dovendo uno studio serio abbracciare l'integrità del suo oggetto, sì, affermo che non può esistere l'ontologia dell'effimero,per la stessa sua natura.
Consideri inoltre, che forse anche la mia indifferenza è un sentimento caduco, no? E in questo caso parleremmo di assenza o transitorietà?
Ahò, ma la finite con 'ste pippe mentali? Ma magnatevi du' finocchione de quelle bbone e scopateve du smandrappone de quelle giuste, pipparoli de' miei cojoni...
Se non ti interessano le disquisizioni filosofiche sei liberissimo di non leggerle carissimo salsicciaro salsiccioso. Torna alle tue gozzoviglie e alle tue donnine discinte e lascia esercitare a chi può farlo le facoltà dell'intelletto.
Con immutata stima,
Nepomuceno Sadda
L'invito è sempre lo stesso cari lettori: moderare il linguaggio, ripulirlo evitando scurrilità. E' una semplice regola di civiltà.
Ao, m'avete rotto la minchia pure amme, uaglioni. Ma ontologizzatemi sto' cazzo, uccellazzi di merda che non siete altro (quaglie, paperi, nepomuceni...). Che è, lo zoo degli animali pipponi? Ma andatevelo a pigliare dove ben sapete...
L' intervento che mi ha preceduto non è degno a parere mio di trovar spazio su questo blog, per il suo scarso senso del decoro. In ogni caso cercherò anch'io di dir la mia.
Porsi il problema dell'ontologia o no dell'effimero è un falso problema. Il logos non contraddice l'ontos, nella misura in cui è espressione di un etos che è interno, immanente alle cose. Che si fa cioè carico di un essere che è ente, cioè latore di un essenza predeterminata e a priori, ma anche ag-ente, cioè essenza fattasi logos nel divenire magmatico dell'essere, nella sua fluorescenza immanente al mondo. Qui allora ci si può realmente porre il problema dell'ontologia dell'effimero. L'ente si oggettivizza, si declina nella sua alterità di ag-ente cioè di ontos, fatto logos, realtà specchio, limine, tra l'immutabile e il mutabile, tra il dato a priori e il divenibile. Ed è qui che si palesa il problema dell'ontologia dell'efimero: la sua duplicità, il suo estrinsecarsi in una dialettica che rende caduco e trascendente due facce diverse di unica medaglia ontologica. E il prblema diventa gnoseologico.Come distinguere l'oggettualità fenomenica transeunte dall'essenza a priori dell'ente? Di quali strumenti congnitivi datarsi in questa ricerca
che deve porre l'accento sulla mutevolezza dell'ontos fattosi logos? Può l'approccio ermeneutico cogliere gli lementi oggettivanti di un discorso che rischiarsi di reduplicarsi in un contesto tutto epistemologico che perde di vista l'oggetto, per riflettere sulle modalità di in logos, a questo punto sì - purtroppo - del tutto distinto dal logos? Chi sà dare una risposta a questi interrogativi. Senza ovviamente azzerare il quadro euristico nel quale si muove questa indagine che - pare superfluo dirlo - non ha pretese teleologiche.
Macchè, sei scemo?
Chiedo scusa nel mio prcedente intervento c'era un piccolo errore, intendevo dire "per riflettere sulle modalità di un logos, a questo punto sì - purtroppo - del tutto distinto dall'ontos". Non del logos come ho scritto. Chiedo umilmente scusa.
Cari amici, mi piacerebbe sapere, soprattutto dall'autore e da Nepomuceno Sadda cosa ne pensano di quanto ho scrito. A presto
G
Caro dottor La Porta,
innanzitutto La ringrazio per essere uno dei miei venticinque lettori, dato che sono un grande ammiratore delle sue trasmissioni (l'ho dimostrato partecipandovi una o due volte, e sa quanto sono rare le mie partecipazioni televisive), che sempre mi accompagnano nelle insonni ore notturne. Chiedo altresì scusa per non aver risposto con maggiore celerità. Ma torniamo a bomba. Precisando che, come la maggiorparte delle poesie, anche questa mia è stata scritta sulla base di una sensazione e non di una spinta dialettica, tuttavia ciò non impedisce la costruzione di un ragionamento a posteriori, come quello che stiamo facendo in questi giorni. Mi pare che la mia e la Sua opinione non divergano più di tanto, anche se Lei ha argomentato molto meglio di me. Il punto fondamentale è la presunzione dell'ontologia di poter conoscere razionalmente l'òntos in quanto forma immutevole dell'uomo, cosa che non compete al mondo terreno ma, se mai esisterà, a un ideale aldilà. La volontà di conoscere e, soprattutto, di voler provare razionalmente l'irrazionale è ciò che ha rovinato grandi branche della filosofia quali l'ontologia stessa, la metafisica e la teologia (pensiamo alle prove dell'esistenza di Dio di Descartes o alla Scommessa di pascaliana memoria, le pagine peggiori dei due Magni Philosophes). Ben vengano quindi le meditazioni sull'Essere, ma considerandolo nei suoi momenti, hic et nunc, non nella sua Eternità.
Per concludere, usando la sua corretta terminologia, che l'ontologia studi il Lògos, che già porta i suoi grattacapi, lasciando perdere l'Ontos, materia per menti più illuminate di noi comuni mortali.
Spero di non averla annoiata con le mie banali riflessioni.
Sono convintissimo che tutta l'ontologia sia ontologia dell'effimero. Santoddio signori, siamo tanto caduci e appesi ad un filo di vita che non possiamo pretendere di avere la capacità di ragionare per eternità. Se lo fossimo saremmo Dio e l'esistenza sarebbe una gran noia. O forse a quel punto la noia non esisterebbe più...e sarebbe, in definitiva, ancora peggio.
Mi pare quindi, che infine siamo abbastanza d'accordo, caro Napomuceno :-)
Ehi ma qui si vola davvero alto. Che bel sito che ho scoperto oggi. Chissà se vi piace anche il mio mito, il grande Averroe. Spero proprio di sì. Comunque ancora complimenti.
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