Il giudice sul mulo Periodico perenne di linguaggi letterari.

sabato 30 dicembre 2006

Lettera di Ezechiele Lupo al Giudice sul mulo

Caro amico,
posso chiamarLa amico vero? no perché talvolta la qualifica di amico, è la più difficile tra le codificazione . Molti, e non sa quanti Le garantisco, si credono amici di qualcuno solamente perché godono di una familiarità reciproca; ad altri ancora non basta una vita per scambiarsi un abbraccio, una lettera. Come al solito la prendo larga caro… giudice. Lei mi ha davvero sorpreso, lo sa: non avrei mai immaginato che da voi in Italia, (forse dovrei dire da noi, manco dall’Italia soltanto da pochi anni, neanche un lustro, pensi Lei) vi fosse ancora spazio per persone come Lei e, senza peccare di immodestia, benché di questo peccato mi macchi sempre volentieri e spesso, (la frequenza delle mie manifestazioni di immodestia mi disturba più di quanto queste, in vero, mi dilettino) come me. La Sua visita, giudice, mi ha anche turbato per un attimo, un breve istante, quello spazio in cui a volte si intravedono le altre possibilità di un eventuale futuro, ma appunto sono altre, altri futuri che non mi riguardano. Io, come Lei mi ha chiesto, sto cercando di interpretare, da qui, il presente con gli strumenti che Lei stesso mi fornisce: la razionalità, la memoria, la leggerezza. Ma, e vengo finalmente al motivo della mia lettera, (troppo oltre sono andato con le mie maledette divagazioni!) Lei mi chiede una cosa talmente grande… il quarto strumento dovrebbe essere la letterarietà: santissime parole o giudice! ma che né so io di letterarietà? Lei, mi permetta la franchezza, (chè tra uomini di mondo più si parla franco e meglio ce ne viene) parla bene di letterarietà perché, nella Sua posizione, la conosce, sa districarsi tra cose che sono e non sono, che sembrano e non sembrano ( anche se a mio parere, e comincio da qui i miei compiti se non di scrittore almeno di lettore: in finzione le cose che sembrano sono; e quasi sempre più sono, e più sembrano finte). Ma io non mi occupo di codeste cose, e si sa anche che chi se ne è occupato dai tempi che furono l’alba dei tempi, poco o nulla ne ha ricavato: insomma lei è il giudice sul mulo, sa cosa esige, ma da me esige troppo. Lei mi ha raccontato che sono secoli che va a pretender letteratura, e mi ha anche confessato che, forniti gli strumenti, in molti hanno con costanza e abnegazione utilizzato i primi tre, la razionalità, la memoria e la leggerezza, ma che pochi, pochissimi, hanno saputo cosa fare della letterarietà. Io da qui le confesso che vedendoLa andar via ho provato un profondo entusiasmo, ma che subito ho sentito calar su di me il peso del compito che Lei mi aveva assegnato. Ma come ho già detto, e dio non voglia che stia a ripetermi (almeno senza ragione), la mia immodestia mi fa sedere qui di fronte alla finestra a guardare lo schermo del mio portatile, e l’acqua che scorre di fronte casa mia, in questa preziosa città al centro della nostra bella Europa. Ecco sono giunto alla fine: le ho detto delle mie perplessità, ma anche del mio grande entusiasmo; spesso ho lasciato lavori e passioni a metà, ma le sue ragioni, caro giudice, e la situazione in cui versa il Bel Paese mi fanno da sprone. Quindi ci sono. Conti su di me, giudice. Ora La saluto con tanto affetto e sempre nuova stima, anche perché credo di avere delle visite che mi attendono.
A presto, spero.

Il Suo,
Ezechiele Lupo

Dott. Ezechiele Lupo
Medico Virologo
Schöneberger Ufer 75,
D-10785 Berlin, Deutschland.

Il Dottor. Lupo riceve dal lunedì al sabato dalle 10 alle 13 e dalle 14.30 alle 17.30 nel suo studio in Charlotenstraße 39.

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