Il giudice sul mulo Periodico perenne di linguaggi letterari.

domenica 14 febbraio 2010

Fosca, fresca festa

di Dylan Iato


Una giornata patetica.

Riunione sindacale. Ah il sindacato.

I sindacalisti sono arrivati con la bmw.

La bmw è arrivata con le mie bestemmie.

Non vedo l'ora di sera e ho solo 24 anni.

Devo assolutamente parlarti di Cechov.

lunedì 8 febbraio 2010

Stagismo

di Nepomuceno Sadda

Mi domanda se conosco il complesso in costruzione. Annuisco. Dice che sarà finito fra qualche anno. Il nostro studio curerà il design di alcuni spazi comuni. Mi dice di guardarlo bene quel cantiere, perché sarà il mio chiodo fisso per i prossimi sei mesi. Gesticola, mentre descrive le soluzioni architettoniche. La tracolla di pelle nera gli rimbalza sul fianco. Pare vuota. La mia borsa invece pesa dieci chili. Ci sono dentro due laptop, blocchi note, macchina fotografica. Due sere fa mi ha mandato un sms con la lista delle cose indispensabili per il lavoro. La lista termina con “vasellina”. Mi chiede quanto il boss -così lo chiama- ha deciso di pagarmi. Quattrocento euro al mese, rispondo. Ridacchia, una risata amara. Per quattrocento euro il boss non alza nemmeno il culo dalla sedia. Dice che è la storia è la stessa per tutti gli stagisti. Funziona così: il boss entra in un palazzo in costruzione con due o tre schiavi da partita iva. Schizza due cose su un foglio. Parla, parla e gli altri prendono appunti. Poi dopo due ore s'invola con la sua Audi bianca. Gli schiavetti tornano in ufficio e spiegano il lavoro agli stagisti. Gli stagisti sgobbano sul Cad per mesi, dieci ore al giorno. Se va bene diventano schiavetti partita iva. Se va male tornano dalla mamma. Non è nemmeno una questione di meritocrazia: a volte tornano tutti a casa, che siano bravi o no. Dice che gli stagisti non li chiama schiavi per rispetto...degli schiavi. Gli schiavi almeno hanno una dignità. Gli stagisti non fanno altro che cercare di prendersi i meriti e scaricare gli errori sul nuovo arrivato. Qualcuno onesto c'è. Finisce a farne dodici, di ore al giorno, e non dieci. Poi torna dalla mamma ugualmente. Gli chiedo se è stato stagista, a suo tempo. Annuisce. Erano tempi migliori, aggiunge. Ora invece è il tempo dell'obbedienza, del mutismo e della vasellina.

“L'hai portata la vasellina?”