Il giudice sul mulo Periodico perenne di linguaggi letterari.

mercoledì 1 settembre 2010

Ultimo delirio africano di Rimbaud

di Rina Xhihani 

Lividi rossastri palpitano
sotto la pelle della notte
-residui di soli implosi-
arranco fino alle porte della realtà:
laggiù al villaggio
si celebra un matrimonio,
-compiuto un altro sacrificio-
tra veli bianchi e ciliege rotolanti
sulla mia lingua avvelenata si esaurisce il giorno.

Un leoncino si lecca la zampa.

Sono il buffone del deserto
ed il deserto dei buffoni
mi si arrampica sul petto.
Ah, gli umani, così fieri
dopo ogni atto d'amore,
mentre io piegato da una vergogna
che si vergogna d'appartenermi.
Ricordi fratello
quando ti ficcavo la follia
fino alle budella?
Non si può sposare la mente
che ha scritto la tua fine.
Mi consumavo,
e tu soffrivi come un vero uomo,
poi hai dimenticato
come un vero uomo,
e poi non ci hai pensato più,
come un vero uomo!
Ed io qui,
a farmi ancora fottere
dall'ordine della tua esistenza,
e non è un lavoro pulito, sai,
nel deserto si suda anche di notte.

Un uomo canta in una grotta .

Sulla mia gamba livida
ballano vermi,
-le mie poesie
reincarnate in putride visioni-
la mia tenda orbita lontana dalla vita,
ma non sto morendo.
E' il sudore del destino
quello che mi pende sul mento,
è lui che viene sconfitto questa notte
sotto la mia tenda
-mausoleo di ciarlatanerie europee-
è lui che viene sepolto;
io, candela mi scioglierò accanto,
come ornamento d'un rito sconosciuto.

I venti del deserto
mi si strozzano in gola.


ascolto:

Jeff Buckley - Dream Brother