Due libri e un omaggio per il 2011
di R. Castoro
Bevete cacao Van Houten – scrive Majakovskij – è l’esortazione che urla il condannato sul patibolo della pubblica piazza, prima di essere ucciso. La famosa ditta di cioccolati olandesi aveva comprato l’ultimo desiderio del prigioniero, pagando la sua famiglia in cambio dell’estremo slogan pubblicitario. Ornela Vorpsi ha deciso di titolare così il suo ultimo libro di racconti, recuperando questa storiella dalla memoria delle letture giovanili. E’ bene chiarire che la vita di Ornela Vorpsi entra sempre e prepotentemente nei suoi racconti, lasciando una scia biografica molto nitida. Nata a Tirana, in Albania, è fuggita a 22 anni per studiare all’Accademia di Belle Arti di Milano e infine si è trasferita a Parigi, dove vive. L’italiano è comunque la lingua che usa per scrivere. I suoi racconti sono mondi dipinti realisticamente, episodi di vita definiti dalla bellezza e dalla morte, narrati in tono intimo. Il tema della morte ricorre come paradossale dato di fatto dal quale ogni altro elemento trae valore. La bellezza, quella fisica, giovane e primordiale, scorre sotto ogni storia, a partire dalle mortificazioni che subisce nell’Albania totalitaria e ipocritamente egualitaria, fino all’evanescenza occidentale, dove la bellezza si materializza in forme di plastica. Ma la vera motrice dei protagonisti del libro – Petraq, Gazi, Lucien, Lumturi, Teuta, Arti – è il "desiderare": quella particella fondante di ogni ingegneria del sogno. Un desiderio d’amore descritto tangibilmente, come le figure amorose del discorso di Barthes, per cui le parole si mostrano nella loro forza “ginnica e coreografica”, come “vampate di linguaggio”. E poi c’è un desiderio d’altrove, un occidente gonfio di speranza, dove gli oggetti si slegano dalla loro dimensione fisica per diventare formidabili promesse di felicità. Un posto magico dove esistono: un tè anti-spaesamento, una crema contro le giornate tristi, delle scarpe gialle indecifrabili. Polvere di cacao Van Houten come ultimo desiderio prima di morire.
Ornela Vorpsi, Bevete cacao Van Houten!, Einaudi, 2010, pp. 200, euro 12,50.
* * *
David Foster Wallace - Una cosa divertente che non farò mai più
di Norberto Giffuri

L’opera in questione è una pietra miliarie del gonzo journalism. Per scrupolo di chiarezza: il gonzo journalism è uno stile di scrittura giornalistica dove la soggettività si accompagna alla ricerca del vero. Umoralità e humour, divulgazione e schiettezza: queste le colonne portanti del genere. Cos’è una pietra miliare? Beh, cercatene una lungo l’Aurelia. Una cosa divertente che non farò mai più è il pungente e graffiante resoconto di un viaggio a bordo di una nave da crociera. L’intellettuale impatta come un iceberg sul gigantesco scafo, inforca un paio di Ray-ban e passeggia tra sontuosi e pacchiani saloni, discoteche e palestre vista mare, desiderando nello stesso tempo di essere integrato e invisibile, protagonista e denigratore. Finirà in un profluvio di sarcasmo ed esilaranti battute condite in salsa d’amarezza. La titanica macchina del relax artificiale ha avuto la meglio sull’iceberg saccente?
A voi la sentenza.
David Foster Wallace, Una cosa divertente che non farò mai più, Minimum Fax, Roma, 2001, pp. 140,
* * *
Omaggio al futuro lettore di José Saramago
di Ezechiele Lupo
Partite da Tutti i nomi. Conoscerete José Saramago attraverso la pagina fitta

E come Caterina d’Austria chiede al marito di non comunicarle mai quando l’elefante morirà, così i lettori di Saramago non sapranno mai se il più grande romanziere degli ultimi cinquant’anni è scomparso davvero.
Tutti i nomi, Einaudi/Feltrinelli, 1997
Storia dell'assedio di Lisbona, Einaudi, 1989
Cecità, Einaudi/Feltrinelli, 1995
Memoriale del convento, Feltrinelli, 1982
L'anno della morte di Ricardo Reis, Einaudi/Feltrinelli, 1984
Caino, Feltrinelli, 2009
Il viaggio dell'elefante, Einaudi, 2008