Il giudice sul mulo Periodico perenne di linguaggi letterari.

venerdì 20 luglio 2007

Apprezza meglio un nettare la più crudele arsura (prima parte)

di Norberto Giffuri

Camminavo oramai tra tre ore. La strada tagliava la valle, una lunga lama bianca piantata tra le scapole della pianura del Duero. Il calore era insopportabile. Il cielo diafano s'era fatto sole tutto: impossibile dire da dove i raggi venissero a proferire la loro condanna. La luce opaca riverberava sulla pelle butterata dei colli lontani, tra le braccia tese delle spighe di grano tra i quali si insinuavano le teste rosse dei papaveri, lungo il corpo secco degli alberi scuri e contorti. Avanzavo nella morte apparente del mezzogiorno. Mi accompagnava soltanto il frinire delle cicale, un ronzio intenso, costante, infinito. L'impressione era quella di trovarsi accanto sempre lo stesso ciuffo d'erba gialla, la stessa traccia di serpente disegnata nella polvere rossa della strada. Polvere rossa che si attaccava ai capelli, correva lungo la schiena, si posava tra le dita dei piedi esausti. Vidi gocce d'acqua dondolare mollemente sulla punta degli steli d'erba, dopo un acquazzone primaverile. La campagna verde della mia terra dove i salici sfiorano con dita gracili il corpo sinuoso dei ruscelli. Vidi passeri sguazzare nelle pozze d'acqua bassa. Mani chiuse a ricevere il fresco dono cristallino di polle alpine. Nel mio delirio avanzavo e avanzavo, trascinando i piedi nella terra riarsa.

Scrisse Emily Dickinson:
Più dolce appare il successo
a chi mai lo conobbe
apprezza meglio un nettare
la più crudele arsura [...]

Solo nella più completa disidratazione conobbi la sete.

(continua)


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