Il giudice sul mulo Periodico perenne di linguaggi letterari.

lunedì 2 luglio 2007

Le isole fortunate

di Asincheraglia

N.B. Si racconta il processo creativo del poeta Fernando Pessoa

Pensò con molta lentezza e senza attenzione.
Una raccolta superficialità coagulava i pensieri.
Erano le nuvole bianche che macchiavano il cielo, disegnando sbuffi e curve irripetibili.
Poi, gli occhi incrociarono l’acqua infinita e si chiusero con il ritmo blando dei flutti.
Il sonno era svanito nella passeggiata, e nell’orizzonte che rimaneva lontano, come la frase inespressa del brusio delle onde.
Come un salto, come una discesa improvvisa, il clima che abitava il petto, i polmoni, si precipitò in un respiro corto. Così, un sospiro accordò il ritmo del cuore con il sapore di salsedine.
Affilando lo sguardo, rifletteva e smetteva di farlo, schiudendo e chiudendo la penna in un gesto ipnotizzante.
Forse, si sentì perfino stupido. Etimologicamente stupido.
Certamente intuì.
Seduto sui ciottoli, tolse distrattamente il cappello che, appena poggiato, si liberò mosso dal vento.
Rimase incastrato fra un grosso masso grigio e sassi freschi e umidi quasi neri. L’acqua si spezzava sugli scogli in mille trini che, volando sul cappello, lo bagnarono a gocce.
Fernando osservò curioso, sorridendo.
In quell’istante, gli occhi si fecero per un attimo ingenui, sentendo una nota senza suono.
Tentò di ascoltare, invano.
Solo dopo aver verificato il sottofondo di una voce, udibile senza rumore nell’incoscienza del silenzio e nella finzione delle parole, dischiuse definitivamente la penna. Colse un foglio paglierino come neve sporca. Respirò del tabacco leggero, denso, creativo nelle figure fumose.
E scrisse.

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