Il giudice sul mulo Periodico perenne di linguaggi letterari.

lunedì 19 ottobre 2009

Mattino in famiglia - prima parte

di Norberto Giffuri
Mattinata di domenica, nella casa dei miei genitori, indolente, roso dall'emicrania, giaccio supino sul divano del salotto. Uno scampolo di cielo relegato nel contorno della porta-finestra, appare denso, lontano. Il corridoio convoglia uno spiffero d'aria freddo giusto nella nudità dei miei piedi. Chiudo le dita a riccio e cerco conforto tra le pieghe del divano. Sono troppo annoiato per dilungarmi nel procacciare una coperta, troppo falsamente stanco per spegnere il vociare atono ed irritante della tv, lasciata accesa da qualcuno sul secondo canale. Del telecomando non v'è traccia.

“Maaaa! Mamma?”
Si perde il grido tra la carta da parati e un Monet replicante inchiodato al muro.

La spossatezza e il mal di testa non sono frutto di un sabato notte burrascoso e smodato, non sono il risultato di una baldanza alcolica: arrivano dal nulla di una serata passata a stemperare sentimento e curiosità tra le pagine di un browser. La consapevolezza di subire una punizione ingiusta non fa che corroborare il disagio. Mi ritrovo a fissare la televisione in perfetto stato catatonico. Sullo schermo dei personaggi dai volti lucidi ciarlano seduti nel mezzo di uno studio fin troppo colorato. C'è il presentatore dal sorriso insincero, la soubrette inutile e bellissima, il tuttologo, il reduce del reality, l'ex sportivo belloccio: ci sono tutti, tutti.
“Ma tu credi che lei stia giocando con Sergio? Pensi che il loro rapporto sia uno stratagemma televisivo, un modo per guadagnare attenzioni?”
“Io non la conosco e non la voglio giudicare...”
“Ma se nelle due settimane passate insieme le hai sempre parlato alle spalle!”
“Ma che dici, taci! Da che pulpito!”
Il pubblico si agita, il presentatore smorza i toni. La discussione continua.
In sovraimpressione scorre una scritta gialla: “Vuoi fare una domanda al nostro avvocato? Chiama lo 02392820900”. Eccolo il telecomando! All’estremo angolo del tavolo tondo di noce, poggiato in bilico con un lato tutto sporgente. È decisamente fuori dalle mie possibilità estensorie. Forse un braccio come quello di Shaquille O’Neal, sicuramente un allungo di Plastic Man, basterebbero a ghermire il controllore remoto... “Vuoi fare una domanda al nostro avvocato? Chiama lo 02392820900” ...indiscutibilmente remoto, insomma, l’aggeggio è fuori dal mio universo fenomenico, relegato nell’altrove, inarrivabile come una galassia distante un miliardo di parsec o come Megan Fox. “Vuoi fare una domanda al nostro avvocato? Chiama lo 02392820900”.
Afferro il cordless dal tavolino basso - l'unico oggetto alla mia portata -. Chiamo lo 02392820900.
Squilla. Prendo la linea: messaggio preregistrato. Attendo. Parte Let it be. I Beatles regnano nei centralini di tutto il globo. Whisper words of wisdom.

Mattino in famiglia, buongiorno, con chi parlo?”
“Sono in diretta?”
“No.” Risata femminile. “Sono una centralinista. Come si chiama?”
“Giffuri, Giffuri Norberto.” (Bond, James Bond)
“Buongiorno signor Norberto, ha chiamato per fare una domanda al nostro avvocato?”
“Ehm, sì certo, naturalmente.”
“La diretta con l’avvocato inizierà fra trenta minuti circa. Nel frattempo mi può riassumere brevemente cosa ha intenzione di chiedere? Valuteremo la sua domanda e se sarà scelto la richiameremo a breve.”
“Bene, guardi, è una questione di diritto informatico. Sono il titolare di un esercizio commerciale, una tavola calda di fronte ad una università, e vorrei fornire il servizio di navigazione internet wi-fi a tutti i miei clienti. Mi sono informato e mi hanno riferito che non in Italia non è possibile fornire un servizio di questo tipo in quanto se un utente dovesse usare la connessione internet a scopo fraudolento sarei io ad essere perseguibile legalmente. Vorrei chiedere all’avvocato se questo corrisponde a verità e come posso fare altrimenti.”
“Ok, grazie, si tratta di una iniziativa lodevole e la ritengo una domanda interessante. Se sarà selezionato la richiameremo fra pochi minuti.”
“Grazie allora.”
“Grazie a lei, arrivederci.”
(continua...)

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