Il giudice sul mulo Periodico perenne di linguaggi letterari.

domenica 26 dicembre 2010

Due libri e un omaggio per il 2011




Ornela Vorpsi - Bevete cacao Van Houten!

di R. Castoro

Bevete cacao Van Houten – scrive Majakovskij – è l’esortazione che urla il condannato sul patibolo della pubblica piazza, prima di essere ucciso. La famosa ditta di cioccolati olandesi aveva comprato l’ultimo desiderio del prigioniero, pagando la sua famiglia in cambio dell’estremo slogan pubblicitario. Ornela Vorpsi ha deciso di titolare così il suo ultimo libro di racconti, recuperando questa storiella dalla memoria delle letture giovanili. E’ bene chiarire che la vita di Ornela Vorpsi entra sempre e prepotentemente nei suoi racconti, lasciando una scia biografica molto nitida. Nata a Tirana, in Albania, è fuggita a 22 anni per studiare all’Accademia di Belle Arti di Milano e infine si è trasferita a Parigi, dove vive. L’italiano è comunque la lingua che usa per scrivere. I suoi racconti sono mondi dipinti realisticamente, episodi di vita definiti dalla bellezza e dalla morte, narrati in tono intimo. Il tema della morte ricorre come paradossale dato di fatto dal quale ogni altro elemento trae valore. La bellezza, quella fisica, giovane e primordiale, scorre sotto ogni storia, a partire dalle mortificazioni che subisce nell’Albania totalitaria e ipocritamente egualitaria, fino all’evanescenza occidentale, dove la bellezza si materializza in forme di plastica. Ma la vera motrice dei protagonisti del libro – Petraq, Gazi, Lucien, Lumturi, Teuta, Arti – è il "desiderare": quella particella fondante di ogni ingegneria del sogno. Un desiderio d’amore descritto tangibilmente, come le figure amorose del discorso di Barthes, per cui le parole si mostrano nella loro forza “ginnica e coreografica”, come “vampate di linguaggio”. E poi c’è un desiderio d’altrove, un occidente gonfio di speranza, dove gli oggetti si slegano dalla loro dimensione fisica per diventare formidabili promesse di felicità. Un posto magico dove esistono: un tè anti-spaesamento, una crema contro le giornate tristi, delle scarpe gialle indecifrabili. Polvere di cacao Van Houten come ultimo desiderio prima di morire.

Ornela Vorpsi, Bevete cacao Van Houten!, Einaudi, 2010, pp. 200, euro 12,50.

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David Foster Wallace - Una cosa divertente che non farò mai più

di Norberto Giffuri

L’opera in questione è una pietra miliarie del gonzo journalism. Per scrupolo di chiarezza: il gonzo journalism è uno stile di scrittura giornalistica dove la soggettività si accompagna alla ricerca del vero. Umoralità e humour, divulgazione e schiettezza: queste le colonne portanti del genere. Cos’è una pietra miliare? Beh, cercatene una lungo l’Aurelia. Una cosa divertente che non farò mai più è il pungente e graffiante resoconto di un viaggio a bordo di una nave da crociera. L’intellettuale impatta come un iceberg sul gigantesco scafo, inforca un paio di Ray-ban e passeggia tra sontuosi e pacchiani saloni, discoteche e palestre vista mare, desiderando nello stesso tempo di essere integrato e invisibile, protagonista e denigratore. Finirà in un profluvio di sarcasmo ed esilaranti battute condite in salsa d’amarezza. La titanica macchina del relax artificiale ha avuto la meglio sull’iceberg saccente?
A voi la sentenza.

David Foster Wallace, Una cosa divertente che non farò mai più, Minimum Fax, Roma, 2001, pp. 140,


euro 11.

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Omaggio al futuro lettore di José Saramago

di Ezechiele Lupo

Partite da Tutti i nomi. Conoscerete José Saramago attraverso la pagina fitta e vi abituerete alle virgole precise come cuciture per palloni di cuoio. Poi continuate con Storia dell’assedio di Lisbona, dove l’amore in un “aprile umido” sta in una parola, in una negazione, nell’errore voluto di un povero correttore di bozze, che senza volerlo cambia la storia del passato e del futuro. Convinti che una storia d’amore così in 3000 anni non se l’era inventata ancora nessuno, deglutite intero (in un giornata) Cecità. Il romanzo dell’umano è una commovente prova di devozione verso il genere (romanzo e umanità), dove i personaggi senza nome costruiscono un racconto che è carta moschicida. Dopo breve pausa attaccate Memoriale del convento, stando molto attenti a non innamoravi di Blimunda che Baltasar vi uncina. I periodi lunghissimi, l’andamento ariostesco di questo mise en abîme, resuscitano il romanzo storico con una leggerezza che si bilancia con la mastodontica mole del convento in costruzione. L’anno della morte di Ricardo Reis è per chi ha sempre bisogno di conoscere un autore reale dietro l’autore implicito che si nasconde nella tastiera del narratore. Curioso che un personaggio di Pessoa che incontra il linguaggio di Borges ed esiste riflesso negli occhi degli altri personaggi, confuso nelle scene di massa (insuperabili, perlopiù), rappresenti la più chiara testimonianza della tirannia dell’opinione: l’ideologia di Saramago. La storia di Caino è asciutta e piena di segni. Il racconto biblico diventa sensuale e Dio è alla costante ricerca di un equilibrio. Un dio bipolare, tremendo e ironico per una storia che si ribalta nel finale. Giudicare male Caino è una tentazione fortissima: potete farlo, io non me la sento. L’ultimo vero grande romanzo è Il viaggio dell’elefante. Una storia divertente, leggera e dominata dalla muta figura del pachiderma. Un personaggio dall’enorme personalità che scandisce la marcia di una carovana reale.
E come Caterina d’Austria chiede al marito di non comunicarle mai quando l’elefante morirà, così i lettori di Saramago non sapranno mai se il più grande romanziere degli ultimi cinquant’anni è scomparso davvero.

Tutti i nomi, Einaudi/Feltrinelli, 1997
Storia dell'assedio di Lisbona, Einaudi, 1989
Cecità, Einaudi/Feltrinelli, 1995
Memoriale del convento, Feltrinelli, 1982
L'anno della morte di Ricardo Reis, Einaudi/Feltrinelli, 1984
Caino, Feltrinelli, 2009
Il viaggio dell'elefante, Einaudi, 2008

4 commenti:

Mauro Azzoppacavallo ha detto...

Non c'è che dire, avete scelto proprio delle belle letturine.

Vincent Von Botto. ha detto...

Belle, belle le strenne ntalizie del Giudice Sul Mulo, e però e però caro Ezechiele lei non mi può dimenticare dun opus magnum come il Vangelo Secondo Gesù Cristo: il ritratto che mi fa di Saramago ne è inficiato, me ne viene fuori tutto deformato, orsù perchè questa dimenticanza, non è proprio da lei.

E.L. ha detto...

Van Botto,
non è stata una dimenticanza. Il mio testo non è un ritratto ma un percorso, se vuoi un abecedario minimo e personale.
Forse non mi sono spiegato bene: l'"omaggio al futuro lettore" non è una graduatoria, nè un indice di "cose da avere", ma solo consigli di lettura. E' come se avessi scritto che che da "A a C puoi passare per B". Ma non è necessario che passi per B: potresti passare per B1 o A1 o -1C. I percorsi sono infiniti. Secondo me, l'autore, passare per B è un buon modo. E' il mio modo. Inoltre: il Vangelo secondo Gesù Cristo non l'ho letto. Ma non per questo ho consigliato tutti i libri che ho letto. Nè credo che quelli che ho letto, e che non ho consigliato, siano poco meritevoli di una lettura attenta. Di più: "Caino" è terribile. Ma nessuno lo tocchi.

Sandrino Stomachevoli ha detto...

Caro Von Botto, ha ragione Ezechiele Lupo il vero "opus magnum" è Caino.