Il giudice sul mulo Periodico perenne di linguaggi letterari.

domenica 16 gennaio 2011

Il dottore - prima parte

di Norberto Giffuri

La strada procede tagliando le risaie. Sono le due del pomeriggio, di una giornata di tardo autunno. L'orizzonte è precluso da una foschia densa. Non ci sono case intorno, né strumenti umani, né umani. Un filare di pioppi appare dalla nebbia, scorre lento, ai margini del campo visivo.
Le statistiche registrano una media di 107 incidenti automobilistici all'anno, su questa strada provinciale. Qualcuno, di primo acchito, sarebbe portato a ritenerla pericolosa. In realtà 107 incidenti registrati per un percorso totale di 23 chilometri, su un tracciato che presenta insidie quali fossati laterali, illuminazione non sufficiente, strettoie e incroci a raso, rappresentano un dato quasi confortante. Lo scorso anno solo un incidente è risultato mortale. Tutti gli altri si sono risolti senza gravi danni per il conducente e gli eventuali passeggeri dei veicoli. Alcuni hanno perfino risvolti comici e/o scandalistici. Nel febbraio scorso, alle dieci di sera circa, terminò la sua corsa in un fosso una Opel Corsa rossa. A bordo un prete novello e una donna, sposata, di una paese limitrofo (al fosso). Ufficialmente il prete era in visita ad un convento nelle Marche, la donna a lezione di spagnolo. Pochi mesi più tardi, a giugno, fu un carro funebre con salma a tagliare una curva impattando contro un argine terroso. I maligni dissero che un morto del genere era giusto che non ci arrivasse al camposanto, che tanto aveva fatto patire gli altri in terra che lasciarlo sull'argine sarebbe servito a parziale risarcimento.

***

Rallento in prossimità di un ponte, infilo l'auto tra due parapetti di pietra, dolcemente. Dopo il ponte, un bivio: prendo la destra. Ticchetto le dita sul navigatore. Sono a destinazione. Costeggio una siepe che poi s'apre in un cancello marrone di metallo pieno. Scendo, mi annuncio al videocitofono. Sento respirare dall'altro capo ma non segue nessun fonema. Attendo, due minuti circa. Poi il cancello si apre, solennemente. Risalgo in auto, entro e accosto in una piazzola che chiude un viale di ghiaia. Alla mia destra c'è un ampio prato con ostacoli, un maneggio. Al momento non vi è nessuna attività equestre in atto. Alla mia sinistra vedo una casa di campagna bianca, dal tetto basso.

Un ragazzo del sud est asiatico esce da una porta a vetri e dice che il dottore mi aspetta. Entro nella casa bianca. Il dottore, effettivamente, mi aspetta. Il dottore avrà trentacinque anni, è abbronzato, porta i capelli lunghi raccolti in una coda, indossa una camicia nera, pantaloni bianchi attillati e stivaletti beige. Mi chiede se sono l'ingegnere, gli dico che lo sono. Mi chiede se riuscirò a far sì che luci ed immagini siano sincronizzati durante il party e che il party è l'indomani sera – inflessione della voce su “domani”. Rispondo che il mio lavoro è appunto questo. Dunque lavoro.

(continua)

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