Il giudice sul mulo Periodico perenne di linguaggi letterari.

mercoledì 6 febbraio 2008

C'è Omeopatia fra di noi - parte prima

di Nepomuceno Sadda

Io il Galles lo immagino un po’ come una Toscana shiftata di qualche migliaio di km verso nord: stesso paesaggio collinare, sfumature di verde e di bruno che in armonia disegnano scacchiere irregolari sui versanti perticati e piccoli villaggi che di tanto in tanto sbucano nel verzicare. Ecco, il Galles per me è una specie di Toscana: solo con più inglesi, più nebbia e più birra. Sono vittima del germe del luogo comune. Devo averlo preso guardando la tv la domenica pomeriggio.

Ma ora non divaghiamo. Dicevo, il Galles, anno 1928. Un signore sulla quarantina, vestito di tutto tweed e con stivaletti da gran borghese, sta passeggiando allegramente nei luoghi della sua infanzia. D’un tratto decide di sostare nei pressi di un torrente che taglia dolcemente la valle col suo corpo lucido. Accanto a sé germogliano i doni della primavera: splendidi mimoli gialli che appoggiano il loro fragile stelo ai cespugli di erba alta che crescono lungo il ciglione.
Una persona qualunque avrebbe forse contemplato i fiori. Magari li avrebbe colti per la donna amata. O per l’uomo amato…viva la diversità sessuale! Ma lui no, lui è un medico più o meno rispettato e si chiama Edward Bach. Si è laureato all’University College di Londra, ha sperimentato con successo un nuovo tipo di vaccino, ha conosciuto Samuel Hahnemann, il medico tedesco fondatore dell'omeopatia, e ha studiato le sue affascinanti teorie. Nella sua testa balena una intuizione: perché non associare fiori e pazienti? Il mimolo appare ritroso, spaurito, quasi voglia celarsi dietro la sua delicata corona gialla: perché non ricavare un’essenza da questo fiore per curare persone affette dal timore per le cose del mondo?

Bach credeva nel principio di similitudine del farmaco, l’assioma di base della omeopatia: il rimedio appropriato per una determinata malattia è dato da quella sostanza che, in una persona sana, induce sintomi simili a quelli osservati nella malata. La sostanza viene somministrata al malato in una quantità fortemente diluita, definita dagli omeopati potenza. Diluizioni maggiori della stessa sostanza non causano una riduzione dell'effetto farmacologico bensì un suo rafforzamento.

Bach credeva altresì nella possibilità di individuare caratteristiche psicologiche comuni nelle persone che avevano bisogno del medesimo vaccino. Aveva così catalogato sette tipi psicologici, sette profili umani differenti. Decise di assegnare ad ognuna di queste categorie una cura basata su uno specifico fiore, o più precisamente su un’essenza ricavata con l’infusione.
Ogni fiore avrebbe eliminato il disturbo psicologico responsabile di un certo malessere fisico.

“Non è un’idea geniale?”
Con questa frase, circa due mesi fa, la mia ragazza concluse il resoconto della giornata appena trascorsa. Poche ore prima era stata visitata da un omeopata della bassa Brianza che le aveva venduto alla modica cifra di 70 euro delle essenze per curare le sue difficoltà digestive.

Ora…come dovevo comportarmi? Dovevo annuire fingendo compiacimento e contemporaneamente grattarmi il mento per sottolineare il mio interesse? Dovevo liquidare la cosa con un “Se questo ti aiuterà a risolvere i tuoi problemi di salute, ben venga.”
Certo, per il quieto vivere sarebbe stato consigliabile scegliere una di queste due soluzioni.

“Mi pare una gran stronzata.” Dissi.
E giù a litigare.
(continua)

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