Il giudice sul mulo Periodico perenne di linguaggi letterari.

lunedì 12 aprile 2010

Alla periferia - parte terza

di Norberto Giffuri

Riprendo la via dei campi, in fuga da ogni luogo ove vestigio uman l'arena stampi. Di fosso in argine, di strada in terreno arato arrivo ad un piccolo bosco di betulle. Lo attraverso, con passo spedito. La vegetazione diviene più fitta, la vista del cielo mi è preclusa. L'aria è fredda ora, l'estate declina e cede il passo. Il bosco di betulle termina bruscamente davanti ad una strada a quattro corsie. La strada è deserta. La costeggio proseguendo nella direzione di un cartello pubblicitario enorme, distante una centinaio di metri. Passano due auto: una Prinz e una Cayenne Turbo. Sfrecciano verso il nero informe della pianura tagliando il silenzio come burro caldo. Il cartello pubblicitario annuncia l'apertura di un villaggio del lusso: moda, auto, arredamento per ricchi. Proseguo. L'aria è sempre più fredda e mi rammarico di aver indossato solo una inconsistente t-shirt.
Oramai è l'alba. Non la definisco un'alba livida perché lo in troppi l'hanno già fatto. Però lo è, livida, accidenti, un'alba che avanza dall'orizzonte riversando una luce smorta sulla pianura immensa che pare non lasciare scampo alle betulle, colte in fragrante mentre cercano di arrabattarsi per conservare l'ultima oscurità della notte.

Il villaggio del lusso si distende alla mia destra col suo corpo allungato fatto di edifici vagamente cubici composti di legno e acciaio, più legno che acciaio a voler essere precisi. Il villaggio è deserto, com'era deserta la strada di poco prima. La cosa non è insolita: è ancora l'alba, l'alba livida di poco prima. Armani, Lamborghini, Gucci, Ferrari, Prada, Luis Vitton, Maserati e Dolce&Gabbana: una escalation magnifica di opulenza ed elitarismo, una cornucopia traboccante di calzini di cashemire, cerchi in lega, borse borchiate, freni in ceramica, portachiavi da trecento euro, pelle di coccodrillo per le borse, pelle connolly per i sedili, giacche doppiopetto, vestiti seta italiana, frac tutt'altro che vecchi e tutt'altro che galleggianti su rivoli e fiumi, scarpe décolleté, stivali da cavallerizza, da manager in scalata sociale, da dominatrice, tacco otto, dieci, dodici, sandali misto franco-ellenici, ciabatte leopardate che sanno di malesia e di attico con piscina e letto vibrante, cinture con fibbia grande come un pugno e ammenicoli cangianti adatti ad ogni desiderio o perversione.
Sotto l'insegna Armani un filippino o forse cingalese lavora di strofinaccio nell'angolo più alto della vetrina. Ha lo sguardo assente del tiratore con l'arco. Pare che veda oltre il vetro, oltre il muro, il tetto, il cielo, oltre. Ai piedi della scala passeggia un uomo sulla quarantina, elegante, completo grigio fumé, scarpe di cuoio nero. Capelli biondi, fisico asciutto, altezza media, occhi piccoli e sopracciglia tese, tanto tese che anche il suo sguardo pare propriettato altrove, ma non verso un punto indefinito bensì indirizzato, indagatore, il suo sguardo mette un oggetto a nudo, lo squadra, valuta e segmenta dicotomicamente nelle componenti essenziali. Quell'oggetto, in quella particolare contingenza, son io.

L'uomo elegante si avvicina.
“Buongiorno, cosa fa qui?”
“Mi scusi se disturbo, sono uno che passa per caso...”
“Veda di passare oltre, allora.”
“Vedrò di farlo senz'altro. Sappia che non voglio creare problemi..”
“Lo so bene, altrimenti nemmeno l'avrei fermata subito. Non ha l'aria di uno che crea problemi.”
“Lei è un acuto osservatore”
“Lei è una strana persona. Perché gira all'alba in questa posto deserto?”
“Una zanzara mi ha punto, mi sono svegliato e ho preso a camminare...”
“Lei vive da queste parti? Non ha l'aspetto di uno che vive da queste parti.”
“Lei è stato nell'esecito?”
“Sì, per venti anni ho prestato servizio su un sottomarino.”
“Vede, anche io sono un osservatore. Lei ha la fisionomia del soldato. E ora cosa fa?”
“Ora sono responsabile della sicurezza di questo centro commerciale.”
“Dunque lei è sempre stato dalla parte dei potenti...”
“Presumo sia così. Però lei non ha risposto alla mia domanda.”
“Io abito in periferia, ma non da queste parti. E ora torno verso casa...grazie per la chiacchierata.”
“Prego. Guardi, le consiglio una meta per la sua passeggiata. Segua la strada principale, verso la città. A due chilometri circa da qui svolti a destra...una strada stretta sale per il bosco. Prosegua e sbucherà in un quartiere con grandi ville. Alla fine della strada c'è un belvedere. Si vede tutto il distretto occidentale, dai palazzi bianchi della periferia, ai nuovi grattacieli della city e poi il centro con il palazzo dell'università e la torre di Ostankino... ”
“Grazie del consiglio. Arriverderci.”
“Arrivederci.”
L'ex soldato e il filippino cingalese escono dal mio campo di vita.

(continua)

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