Il giudice sul mulo Periodico perenne di linguaggi letterari.

domenica 21 dicembre 2008

Nascita

di Victor Attilio Campagna

Placida onda, 

vizi il mare.

Non con sciabordare
ma col passare
inerpichi te
sulle scogliere
ed è qui che il sole
batte come vento.

È fuoco che arde
sulla pietra – il resto
tace – 
è una lotta
sulla terra:
nudi sulla nudità;
bagnati dall’estasi
delle mani.
Ve ne state avvinghiati,
acqua e fuoco;
il giudice inerte
osserva,
con la solita freddezza invita
le mandrie respirate
a staccarsi
solo per riprendere
ancora.

Da pubblico 
la sabbia,
l’amica sabbia,
che tanto l’acque ama,
e il vento,
che tace 
quando il sole passa.

Il fiato da ultimo
annoiato 
siede sul pietrisco;

in un catino si raduna 
il loro sudore,
biancastro e schiumoso;
“la nudità eccita
urla e si dibatte,
cade e salta,
non ferma in lode s’avvicina.”
Così urlano, così
pensano.
I giorni passano,
ma la nuda lotta 
imperterrita
spare e compare,
continua,
invano il tempo s’avvicina
a sussurrare:
“Ferma, è Luna!”

Perché fuoco e acqua 
già giacciono stanchi 
sulla terra spoglia,
spogli anche loro:
sono veri;
le loro cosce
infinite,
(il suo seno limpido,
la sua bocca carnosa,
il suo sorriso d’altura,
la sua mano pesante):
sono nudi,
uomo e donna,
donna e uomo,
coscienti della loro stanchezza,
in mano 
hanno unito il seme.

Nacque solo un viso:
nacque quel che si dice 
Afrodite
dalla spuma dell’acqua
e dalle mani del sole;

già nata 
sapeva dell’Amore.

(innato l’istinto 
maturava una carezza).

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