Il giudice sul mulo Periodico perenne di linguaggi letterari.

domenica 7 ottobre 2007

Quakers - ultima parte

di Norberto Giffuri

Li notò subito, accanto al parapetto. Un uomo, una donna, uno di fronte all’altra. Si staccavano i loro profili dal nero ventre del lago, immortalati così, nell’aura tenue della luce di un lampione che defilato osservava la scena. Una scena da romanzo rosa, una donna, un uomo e la notte, il lago, ma quella bizzarria, quella stramberia dello stare inginocchiati, immobili, come spiegarla ad una lettrice di Harmony o collana equivalente in contenuti e forma? Ma qui non si vuol far para-, si ha la pretesa di letteratura verace, istituzionale quasi…oddio dove siamo arrivati a furia di mulinare il pensiero sulle dinamiche del racconto, la nostra spocchia ci seppellirà tutti e così mi tocca dire che lei, la donna, aveva un nobile profilo, dolce, neoclassico, incorniciato da una cascata di riccioli, una vertigine di spirali che la brezza giocava a fare onde e lui, l’uomo, l’aveva virile, il profilo, un mento forte deciso, postmoderno addirittura. Si guardavano negli occhi, lei, lui, e il silenzio rotto dal respiro regolare del lago conferiva un tono sacrale, una fissità ieratica alla scena…una scena quasi da romanzo rosa, la notte, il lago, un uomo, una donna e distesa nei venti centimetri di spazio tra i loro visi l’eternità tutta o qualcosa che sapeva di essa.

E lui, l’alticcio, non fece altro che inebetirsi e osservare per cinque, venticinque, centoventicinque, seicentoventicinque, tremilacentoventicinque istanti…e la coppia: immobile…e lui altrettanto - immobile intendo-, e di fianco il lago, davanti il lago, altro fianco: stesso lago…e quel silenzio cadenzato dalle onde - c’è qualcosa di strano? Di silenzio si tratta o d’altro? – quella pace semplice di due amanti in ginocchio, una serenità che per anni aveva anelato e che poi aveva respinto, scaraventata nel pozzo nero nel quale ora stagnava con tutte le altre utopie. E fu come uno schianto accorgersi che basta così poco per…
…davvero tanto poco per…
…come quei due.

***

L’uomo accennò un movimento del capo. La donna rispose con un gesto altrettanto lieve. Lui si alzò, le tese il braccio. Lei prese la sua mano, si sollevò e fu al suo fianco. Lentamente raggiunsero il portico. Lo videro, lei sorrise.

“Now we are married.” Disse.
Fine

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho atteso l'ultima parte di questo racconto con una certa curiosità. Non sono rimasta delusa. Una bella storia, così amara.

Anonimo ha detto...

L'amarezza di fondo a mio modesto parere da a-letterato è quello invece che più mi ha attirato.

Questo crescere di sensazioni da ribelle con il crollo finale, con la resa alla realtà delle cose, con l'intuizione che forse quello che manca al personaggio per essere sè stesso per essere felice è quel mondo così brutalmente normale dal quale si cerca di fuggire.