Il giudice sul mulo Periodico perenne di linguaggi letterari.

lunedì 19 gennaio 2009

Ti rinfresco la memoria - ultima parte

di Ezechiele Lupo
Non si fermarono e giunsero a casa col sottofondo della radio che Luca aveva acceso tanto per non farsi vincere dal desiderio di parlare.
Appena spento il motore Paola usci dall’auto sbattendo la portiera. Luca abbassò lo sguardo e scosse la testa: era pieno di brividi, forse aveva la febbre. Tolse il frontalino dall’autoradio e lo ripose nel cassetto del cruscotto. Poi aprì la portiera, uscì e si trovò di fronte lei che gli sorrideva un po’ colpevole: gli prese la nuca e lo baciò. Lui la guardò come si guarda dietro qualcosa in primo piano, mentre lei gli chiedeva: “Che c’è? Che hai?”
“Niente. Perché? Forse non sto tanto bene.” Rispose lui. “Oh poverino.” disse Paola.
Raggiunto il piano, dopo sorrisi scambiati in silenzio in ascensore, Luca aprì la porta, si tolse il cappotto di lana e si sdraiò sul divano con i piedi penzoloni; prese il telecomando e accese la tv.
Paola andò in cucina e dopo un minuto tornò con un sacchetto di patatine al formaggio ed una birra.
“Ti ho portato un aperitivo, Lu: dividiamoci birra e patatine per sancire la pace.”
Lui la guardò sulla soglia della cucina che comunicava con il salotto, le sorrise, ma già pensava ad altro. Si voltò a guardare la tv.
Paola si sedette in un angolo del divano e cominciò ad accarezzargli la testa; poi gli baciò con piccoli baci socchiusi tutta la fronte, scendendo fino alle guance. Lui le prese il viso con la mano sinistra e la baciò sulle piccole labbra. Lei gli si concesse volentieri sul divano.
Erano sotto una coperta di pile mezzi nudi che vedevano un quiz preserale. Lui ogni tanto stringeva la mano di lei sotto la coperta, lei lo baciava sulla guancia. Nessuno dei due pareva particolarmente attento alle domande in televisione, ma tra di loro non parlavano.
Durante la cena continuarono a guardare la tv, le notizie al telegiornale, un programma satirico. Mentre Paola sparecchiava Luca si accese una sigaretta e, accostandosi alla finestra, guardò fuori: un quartiere silenzioso il loro, con tanti palazzi e poco verde, prettamente residenziale, ma tutto sommato ben vivibile. Ora la neve sembrava arancione e tutto risplendeva con quiete e tristezza.
Paola gli si avvicinò e gli disse: “Che c’è? Non parli più.”
“No, niente: pensavo ancora…” lei lo fermò subito: “Luca davvero, basta lo sai benissimo che quel camper non ce lo possiamo permettere.”
“Paola hai ragione; ma io sono sicuro che ci deve essere un modo. Sono convinto che anche una coppia neotrentenne nella capitale del facoltoso nord può permettersi un cristo di camper, pagandolo a rate.” Dichiarò lui, alzando un po’ la voce, guardandola fissa negli occhi e sperando di nascondere tutti i dubbi in quei concetti semplici e precisi. Paola distolse lo sguardo e si appoggiò al lavello incrociando le braccia: sembrava pensare a qualcosa, tuttavia invero prendeva solo tempo, per fargli credere di non avere già la risposta.
“Luca, proprio una coppia di neotrentenni, come dici tu, nella capitale del nord, non può permettersi un camper da 45000 euro.”
“Ma tu non capisci: il risparmio futuro? Non lo consideri? Questo è un investimento, Paola!”
Lei andò a sedersi sul divano: guardava il pavimento come se lì potesse trovare qualcosa di più interessante del proprio ragazzo. Allora Luca si affrettò a sedersi vicino a lei e le prese le mani:
“Sono sicuro che me lo rinnovano il contratto: ormai è un anno che sono là, non gli conviene mandarmi via. – lei lo guardò come per dire sai benissimo che è esattamente il contrario – Anzi sono sicuro che mi proporranno qualcosa di meglio. Sì davvero, Paola, veramente non volevo dirtelo, doveva essere una sorpresa, ma tant’è: ho sentito Terzulli che parlava di soldi che dovevo arrivare per un grande progetto, una cosa da milioni di euro. Mi terranno vedrai.”
Lei lo guardò intenerita. Poi gli disse:
“Va bene, ok: ti rinnovano il contratto, ti aumentano lo stipendio. Ma ora? Ora non abbiamo garanzie, niente di niente. Nessuna finanziaria ci farà un prestito, nessuna banca. Possibile che non ragioni, Lu?”
Lui si appoggiò allo schienale del divano e senza dire una parola si mise a maneggiare il cellulare.
Paola lo guardò per un po’ cercando di attirarne l’attenzione. Poi disse: “E ora? Che fai? Stavamo parlando…”
Lui posò il cellulare e chiese: “Se facessimo garantire i miei? Lo intestiamo a loro e noi paghiamo le rate. Dai sì, mi sembra un’idea. Voglio dire: in qualche modo dobbiamo fare.”
“Non compriamolo, per dio Luca!” Si alzò di scatto gridando.
“Non è una soluzione: è una rinuncia. Perché rinunciare ad una cosa che potremmo tranquillamente avere semplicemente ragionandoci con calma? Solo per il tuo pessimismo, cacchio.” disse Luca cercando di crederci, di attingere al suo pozzo di volontà.
“Perché è una cosa superflua, non ci serve, è un capriccio in fondo: svegliati Luca è già tanto se riusciamo a pagare l’affitto. E poi chiedere aiuto ai tuoi: certo loro sono sempre pronti, ma così non faremo mai nulla, non farai mai nulla se sono sempre pronti a sganciare per dei capricci…”
“Non è un capriccio. Sei tu che non capisci niente: è un investimento.”
“Un investimento che non ci possiamo permettere: rassegnati alla realtà. Questo è tutto quello che possiamo avere, basta. Le cose vanno così, Luca, devi prenderne atto: i tuoi non ci devono aiutare a comprare un camper.”
“Ma perché se possono farlo? Tutte le coppie giovani si fanno aiutare dai genitori: oggi è così, altrimenti non si potrebbe andare più fuori di casa.”
“Sì, hai ragione, ma non per comprare qualcosa di superfluo del costo di 45000 euro…”
Luca la interruppe per dire che era un investimento, allora Paola si alzò e allargando le braccia disse: “Fai quello che vuoi, fattelo comprare dai tuoi ‘sto camper…”
“Non me lo faccio comprare, non hai capito allora.”
“Sì, sì che ho capito…” disse lei ormai già in cucina.
Luca aumentò il volume del televisore, ma dopo pochi secondi si alzò per raggiungere Paola in cucina.
Lei era seduta con il mento poggiato sulle braccia incrociate sul tavolo: stava guardando la fruttiera con due banane e due arance. Lui si sedette vicino a lei: un braccio appeso alla spalliera della sedia, l’altro sul tavolo; giocherellava con il cellulare nella mano destra.
“Perché ti devi arrabbiare? Se si può fare, si deve fare. Io la penso così.” disse Luca avvicinandosi all’orecchio di Paola.
“Lo so, ma in questo caso penso non sia giusto. Non si fa così: tu non riesci a capire la situazione precaria, pensi ancora che siamo in un momento di assestamento, che ti assumeranno, che io troverò lavoro.”
“Ed è così: è logico che è così.”
“Logico? Perché sarebbe logico? Qual è la logica che sottende questo tuo ragionamento?”
“E’ così. E’ così e basta. Altrimenti si dovrebbe pensare veramente di non avere futuro.”
Fine

2 commenti:

Anonimo ha detto...

evviva, evviva! L'ultima parte.. L'ho divorata!
Devo dire che però ho apprezzato di più la prima..
Baci,
tua mà

P.S.
dovresti iniziare a scrivere così!
http://www.youtube.com/watch?v=WEOcQcht0BY

Anonimo ha detto...

Bel finale, complimenti! Ho capito dove volevi andare a parare...